Turchia e Cappadocia in moto
Antonio, Cosimo e Ago, tre amici, tre moto e la loro amicizia come anima del viaggio.
4700 chilometri di cose vissute, viste, esplorate, improvvisate. I viaggi si costruiscono, giorno dopo giorno. Prendono forma, vita, per poi rimanere dentro e portarteli con te, sempre.
Cercherò di raccontare al meglio questo viaggio incredibile, con una grossa responsabilità: far emergere anche solo il 10% di quello che gli occhi hanno visto, le orecchie ascoltato e, perché no, le urla dei miei silenzi. "Antonio Ribezzo"
Giorno 1. Un giorno pieno di pioggia. Ago è caduto e la paura che tutto potesse finire ci ha avvolti per quindici, interminabili, minuti. Poi abbiamo alzato la moto, è integra e funzionante. È stata la prima volta che provavo le mie nuove gomme ed il set GIVI Canyon sotto la pioggia. Le prime non mi hanno trattato benissimo, le seconde mi hanno concesso di mettere il pigiama asciutto tutte le sere. Non è così scontato.
Giorno 2. La fretta di arrivare ad Istanbul non ci ha minimamente travolti. Ci siamo goduti il sole della Grecia, il confine e la mia moto affossata tra le sabbie di Salonicco. Si, le borse Canyon mi hanno fatto andare pulito a letto anche dopo la “sabbiata”. Si arriva ad Istanbul il tardo pomeriggio. Questa città mette alla dura prova le tue abilità di guida e di pazienza, ma che magia.
Giorno 3. Mezza giornata per vedere la Moschea Blu e poco altro di Sultanahmet, ossia l’1% della città. A mio favore ho una grossa lancia da spezzare ed un piccolo pensiero che rimando alle considerazioni finali. In questa mezza giornata di moto ci affacceremo sul Mar Nero e poi via di sterrato fino a Kocaeli. Come al solito ho letto male la traccia del navigatore e, invece di prendere il tunnel sotterraneo di Istanbul, abbiamo fatto il giro della città per poi prendere il ponte dei Martiri del 15 luglio. “Welcome to Asia” è stata la cosa più emozionante che possa aver letto. Eravamo ufficialmente entrati, per la prima volta, nel continente asiatico.
Giorno 4. Trasferimento fino ad un centinaio di chilometri dopo Ankara. Anche nei giorni di trasferimento non ci siamo fatti mancare la voglia di curve e posti favolosi. Sconcertante è stato il villaggio di Burj Al Babas Villa, un villaggio costruito ad inizio 2014 e mai finito per via del fallimento della società edile. Più di cinquecento castelli tutti uguali e mai venduti. A quanto pare ha vinto il loro lato inquietante. La notte abbiamo piazzato la tenda sul lago artificiale del fiume Kızılırmak, ma nulla, il sapore di quella birra e le chiacchiere su vecchie memorie è tutta un’altra storia.
Giorno 5. Ci siamo. La Cappadocia è sempre più vicina, ma la voglia di esplorare i posti più intimi ed allo stesso tempo infiniti della Turchia è tanta. La prima tappa è il lago Salato ed è inutile descrivere l’emozione nell’attraversarlo. Era un desiderio da molti anni, che posso felicemente dire di aver esaudito. Le prime emozioni di questo giorno arrivano proprio qui, quando a pochi metri da esso, ci fermiamo a parlare con due ciclisti, Fietsen e Kees. Questi due pazzi hanno deciso che Olanda-Cina si può fare in bicicletta. Quanta stima e quanta voglia di parlare, ballare, vivere quei momenti con loro. Ovvio, mica finisce così. Cosa può intromettersi tra noi ed il nulla assoluto di quel posto? Il pastore che, venendo su di un mulo, ci chiede: “Avete un barbecue? Dai, ammazziamo una pecora e ce la mangiamo”.
Il momento dei saluti è arrivato, la Cappadocia ci aspetta. Siamo arrivati in quel posto super suggestivo nel primo pomeriggio. Il sole si abbassava dietro i Camini delle Fate. Al tramonto salivamo e scendevamo nella Valle delle Rose come bambini, portando quella sabbia nel nostro cuore, per sempre.
L’imprevisto è dietro l’angolo e quando il fato vede che ti stai divertendo un po’ troppo, è lì, pronto a regalartelo. Si, il regalo è una cosa tendenzialmente bella, l’imprevisto meno. Che nesso ci sarà tra regalo ed imprevisto?
Giorno 6. Ago ha rotto la frizione nella Valle delle Rose la sera prima. La disperazione in quel momento era alta, perché guidare quella tigre della sua moto senza la frizione è quasi impossibile. La notte era prenotata a circa un paio d’ore da Goreme, ma proprio lo stesso fato, ci ha portato a prenotare una notte lì prima ancora di sapere della frizione. Il proprietario dell’hotel è un tizio generoso, talmente generoso che la mattina, di domenica, fa lavorare il suo meccanico di fiducia sulla moto di Ago.
Dopo soli 70€ e tanto buon umore siamo sulla strada del ritorno per l’albergo. Il tizio dell’hotel ci invita a fermarci in quanto doveva fare benzina e ci chiedevamo dove la facesse in quanto tutto ciò che potevamo vedere erano soltanto cave. Torna e ci spiega che è lì che si prendeva cura degli animali. Siamo curiosi, gli chiediamo di entrare. Il padre e la zia vivevano lì, in una cava. Ci è crollato il mondo addosso. Ci ha fatto il regalo più bello del viaggio.
Ora la strada è lunga e noiosa, almeno fino alle curve del lago di Egirdir, ma queste le faremo col buio. Eravamo già fortunati a farle, quelle curve lì.
Giorno 7. Eccoci al secondo buongiorno vista lago e via verso Adalia. Tanti, tantissimi chilometri da fare, ma il mar Mediterraneo ci chiama. L’acqua aveva una temperatura perfetta e ce la siamo presi comoda. Il viaggio è anche questo. Dopo la prima parte di costa con strade noiose, la seconda, quella dopo il bagno, ci ha regalato una vista e delle curve mozzafiato. Sembrava quasi la Croazia. È sera tardi, come al solito. Siamo a Pamukkale.
Giorno 8. Il giorno di riposo è arrivato. L’idea era quella di rilassarci nelle calde acque di Pamukkale. All’interno del sito archeologico si possono ammirare i resti della città di Hierapolis e il sito dove ci sono le piscine naturali. La Cleopatra Antique pools è la piscina in cui, al costo di 6€ e singolo ingresso, è possibile fare il bagno e prendere qualche ora di relax.
Giorno 9. Quando passi anche solo un giorno senza guidare, hai la sensazione che ti manchi qualcosa. Borse GIVI Canyon montate e via per Canakkale. Abbiamo aspettato tanto, siamo andati piano. Volevamo che il tempo non passasse. È il giorno 9 e stiamo tornando in territorio europeo… stavamo tornando a casa. Per la strada abbiamo ammirato da vicino il modello del cavallo di Troia utilizzato nel film Troy di Petersen.
Il ponte sospeso più lungo al mondo, quello dello stretto dei Dardanelli, ci aspettava. Passare sotto un’opera del genere, a questo punto del viaggio, aveva due emozioni contrastanti: la felicità di aver percorso chilometri (profondi) nel continente asiatico e la tristezza di dover tornare alle proprie routine.
Cerchiamo un posto in cui campeggiare, trovandolo all’ingresso di Gallipoli, in una pineta che si affacciava sul mare. Una serie di situazioni scomode ci hanno però costretto ad andare avanti. Era tardi e buio. Avremmo, poi, trovato un albergo a Sarkoy, ad una quarantina di minuti da Gallipoli.
Giorno 10. Da Sarkoy la direzione è Gravena, Grecia. L’idea è quella di percorrere quanti più chilometri possibili in modo da star tranquilli l’ultimo giorno. Prima di passare il confine siamo rimasti circa un’ora fermi alla stazione di servizio e no, non per mettere benzina a 1,10€ anche nelle mutande. Non volevamo passarlo. Avevamo passato dei giorni incredibili in Turchia, dove la gente è cordiale, dà amore e ospitalità.
Tutta la Grecia del ritorno è stata caratterizzata da curve bellissime, ma con una brutta sorpresa: nei pressi di Alessandropoli si intravedevano parte degli 80.000 ettari di foresta bruciata dagli incendi dell’agosto 2023. Un vero strazio.
Giorno 11. Il viaggio è finito. Il traghetto è all’una di notte e non rimane che vivere le ultime emozioni. Abbiamo deciso di condividere con Ago un posto che io e Cosimo avevamo già visto in passato: Meteora. Abbiamo girato in lungo e largo ai piedi di quei monasteri costruiti su rocce maestose.
Ormai è tempo di andare, Santino e Martina ci aspettano ad Igoumenitsa per una cena insieme. Non ve ne ho parlato per nulla di questi altri due scappati di casa. 28 anni lui, 30 lei e tanta voglia di viaggiare in comune. Ci siamo inseguiti e ritrovati lungo tutto il tragitto pur facendo itinerari diversi. Il viaggio è anche questo.
Il traghetto salpa e ci riporta a casa. Al ritorno non sono più così triste, perché sono carico di progetti. Voglio farlo seriamente, voglio andare in moto per tutta la vita.
Il viaggio in moto, in bicicletta, a piedi, in van o qualsiasi altro mezzo non ha una meta. La sua meta è il viaggio, la strada e tutte le emozioni che vivi in quei dannati chilometri. Sei tu e la libertà. Istanbul merita più di mezza giornata e mi sono ripromesso che ci tornerò, ma per noi, come detto pocanzi, il viaggio in moto è altro. Vivere la strada, i posti dimenticati, i villaggi, i contadini che ti salutano mettendo la mano sul cuore o mandandoti baci. Fermarti per la pipì con i tuoi compagni d’avventura o farti offrire un pranzo da due persone che vivono in una caverna.
Ho amato tutto questo più che mai e, come dopo ogni viaggio, la domanda da porsi è sempre la stessa: “where next?”.