Sud America – Bolivia, Peru, Ecuador e Colombia
Un viaggio tra le religioni
La Bolivia è decisamente un mondo a parte, fatto di sterminati deserti colorati, improvvise valli verdi e città affollate da gente che vende qualsiasi cosa. E piene di Cholitas, le donne nel coloratissimo abito tipico e lunghe trecce nere sotto i piccoli sombreros a bombetta.
Mi perderò tante volte, ogni giorno si romperà qualcosa e io perderò troppo tempo a combattere con il mood rilassato dei boliviani, impegnati a fare festa per qualsiasi motivo, con il ritratto del presidente che ovunque parla di progresso e sviluppo a un popolo disinteressato a tutto e non a farsi i fatti propri. Dal Lago Titicaca, il più alto navigabile al mondo, continuo la mia corsa solitaria verso nord. I peruviani sono, come i boliviani, pacati e tranquilli ma molto più ospitali e sorridenti della gente dell’Altiplano. Ho ancora il tempo di perdermi tra le mura di Cuzco, l’antica capitale Inca, in festa per le celebrazioni della Virgen da la Mercede che coincide con la figura della Pachamama, la madre terra delle religioni precolombiane.
Questo è stato un viaggio tra le religioni e anche il Sud America non mi ha deluso, mostrandomi una differente versione del cristianesimo che, come in Bolivia, si è fuso con i culti precolombiani dando vita a una religione a se i cui simboli assumono valori diversi dai nostri. È il caso del “Tio de la Mina” delle miniere di Potosì, dall’aspetto diavolesco a cui i minatori portano offerte per trovare la vene buona e tornare a casa dalle famiglie.
In Perù, invece, è ancora vivo una sorta di animismo per cui, insieme al cristianesimo ufficiale, si portano doni per ingraziarsi gli spiriti delle montagne e dei corsi d’acqua.
Dopo aver raggiunto Machu Picchu a piedi lungo la ferrovia, in una lotta senza tregua con nuvole di moscerini emofili, l’ultima tappa da turista è a Nazca per sorvolare i petroglifi dell’omonima civiltà preincaica, a dir la verità più suggestivi in foto che dal vivo.
Dopo qualche giorno a Lima, in cui dovrei sistemare la moto ma un simpatico e zelante meccanico finisce col distruggermi il cambio, inizia la lunga risalita sulla panamericana.
Giorni di strada senza fine nel deserto sabbioso che termina sul pacifico, disseminato di casupole basse e parallelepipede. Il paesaggio rinverdisce bruscamente , facendosi decisamente tropicale, al confine con l’Ecuador, che attraverso in pochi giorni passando dal nulla del vulcano Quilotoa al brusio concitato della capitale Quito.
Ormai il viaggio è finito, e la fretta di raggiungere Bogotà per concordare le modalità di spedizione della moto si unisce alla stanchezza della routine ormai consolidata. Mi rendo finalmente conto che, già dalla Bolivia, in ogni posto cerco una casa, degli amici e ogni volta la partenza si fa più dura. È ora di tornare a casa.
I giorni a Bogotà saranno densi di incontri con spedizionieri, preventivi, mercatini. E, soprattutto, mi ritroverò coccolato dalla gente dell’Hostal Yepeto che per dieci giorni è stata la mia famiglia effimera.
Poi il ritorno in Europa, a Madrid, ormai disabituato ai parametri europei in termini di efficienza e pulizia, neanche fossi in Svizzera. Ritiro la moto, rimontandola per la terza volta in un anno in un piazzale buio, e riparto il giorno dopo per due giorni di autostrada attraverso Spagna, Francia e Italia del Nord. Arrivo a Milano il 13 Novembre, quattordici mesi dopo la partenza, contento di ritrovare la mia Peppina e una casa in cui cominciare una vita nuova.